ISSN 2784-9635

Riciclaggio e frode informatica. Cass. Pen., Sez. II, 6 luglio 2023, n. 29346

Giorgia Azzellini - 20/09/2023

A fronte dell’impugnazione della decisione del 15 marzo 2022 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la Corte Suprema della Corte di Cassazione, seconda sezione penale, con la sentenza del 6 luglio 2023, n. 29346, ha stabilito l’inammissibilità dei ricorsi proposti per «Erronea qualificazione giuridica del fatto ex. art. 448, ultimo comma, c.p.p. e 606, primo comma, lett. b), c.p.p. per la mancata riqualificazione nella fattispecie di cui all’art. 640-ter c.p.».

Nel caso di specie, il GIP del Tribunale di Torino applicava la pena prevista dall’art. 648-bis c.p., rubricato Riciclaggio, – per cui è punito chi sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, ovvero compie, in relazione ad essi, altre operazioni al fine di impedire l’identificazione della loro provenienza delittuosa – nei confronti di soggetti che avevano messo a disposizione di altre persone il proprio conto corrente allo scopo di farvi transitare i profitti di una frode informatica.

Tuttavia, secondo quanto emerso dalle imputazioni, «l’autore della frode informatica aveva già conseguito il profitto, con la percezione fraudolenta delle somme di denaro corrisposte dalle vittime di quel reato». Nello specifico, la percezione segnava il momento perfezionativo del reato con il conseguimento dell’ingiusto profitto, dunque l’ammontare veniva trasferito su tali conti correnti quando ormai il reato presupposto si era perfezionato, senza il contributo dei titolari dei conti stessi.

Dal momento che gli autori dei delitti presupposti avevano autonomamente conseguito il profitto del loro reato, l’operazione di immissione del denaro sui conti correnti degli imputati risultava una condotta oggettivamente ulteriore e successiva, quindi, idonea a configurare il reato di riciclaggio, mancando il concorso alla realizzazione del reato presupposto, così come prescrive la clausola di riserva prevista dall’art. 648-bis c.p.

In conclusione, dal momento che l’attività degli ulteriori soggetti, estranei alla frode informatica, era legata all’esigenza di “ripulire” il “denaro sporco” derivante dall’attività fraudolenta, al fine di ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro, i giudici di legittimità stabilivano che la condotta era riconducibile al reato di riciclaggio, formulando, in definitiva, il seguente principio di diritto: integra il delitto di riciclaggio la condotta di colui che mette a disposizione il proprio conto corrente per farvi transitare il denaro ricavato da altri come profitto di frode informatica.

 

La sentenza integrale è disponibile cliccando qui:

Cass. Pen., Sez. II, 6 luglio 2023, n. 29346

 

Per ulteriori approfondimenti: https://ranierirazzante.it/